[RECENSIONE] L'EDERA DI GRAZIA DELEDDA

Cari lettori, 

con il gruppo di lettura che trovate su Ig #scrittriciitaliane2021, quest'anno leggeremo alcune delle più importanti autrici italiane del Novecento, ma non solo,  affronteremo anche alcune contemporanee.

A gennaio avevamo iniziato con  Sibilla Aleramo, poi a febbraio è stata la volta di Matilde Serao , mentre a marzo abbiamo letto "L'edera" di Grazia Deledda, famosa scrittrice sarda che ha vinto nel 1926 il premio Nobel per la letteratura.

L'edera è stato pubblicato nel 1908 ed è tra i suoi romanzi più noti.





Recensione 

Il lettore viene colpito, quasi immediatamente, dallo stile avvolgente e diretto dell'autrice, la Deledda riesce attraverso la sua penna a creare dei personaggi verosimili, scavando nel profondo della loro anima, facendo uscire i loro pregi e i loro difetti e conducendo un'attenta indagine interiore e psicologica. 

I protagonista Annesa e Paulu non sono perfetti anzi, cercano un riscatto dalla vita, anche se alla fine del libro non è detto che lo riusciranno a trovare e forse dovranno rassegnarsi alla sconfitta. 

Annesa e Paulu vivono un amore sbagliato, adultero, anche se loro si sostengono a vicenda, questo non basterà a salvarli da un destino drammatico e crudele.  

Paulu è un uomo che viene considerato dalla sua famiglia come la causa di tutti i mali, dopo la sua nascita è iniziato ad andare tutto storto e lui sente molto il peso di questo "pregiudizio" nei suoi confronti. 

Annesa pensa di poter salvare Paulu da se stesso, ma in realtà lei non lo conosce veramente e alla prima occasione "lo tradisce", non ricordando l'amore che provava per l'amante. Nel testo ci viene anche detto, dalla stessa autrice, che la donna "più che amare si lasciava amare "ed è proprio così Annesa, si lega alle persone che le dimostrano un minimo di affetto per ottenere tutto quello che può, che sia protezione o amore. La protagonista è una persona molto triste e malinconica che è stata adottata e cerca di trovare un sostegno in qualcun'altro, per colmare il vuoto delle sue origini.


"[...] tu l'hai già detto una volta, che io sono come l'edera; come l'edera che si attacca al muro e non se ne distacca più finchè non si secca."

 

E' molto forte anche il tema della religione, di come le persone invece di incolpare se stessi per il male che compiono,  tendono sempre  a dare la colpa a Dio e al destino avverso che ha riservato a loro.

La protagonista del libro è una persona egoista, ipocrita e che non si pente del male che fa e verso la fine del romanzo hanno un'evoluzione negativa che mi ha sorpreso molto.

Tutta la  storia è cupa, triste, molto cruda e realista e la parte finale l'ho trovata veramente straziante, l'amore non sempre basta per salvare le persone.

L'autrice riesce a catturare il lettore, lo trasporta all'interno della sua scrittura, lo spiazza e lo confonde per tutto il corso della storia; non si riesce a non sorridere, a non arrabbiarsi, a non piangere leggendo quello che succede ai personaggi. Si instaura una vera e propria empatia con loro.

E' un'autrice sottovalutata e da riscoprire assolutamente.


***


Trama

Era un sabato sera, la vigilia della festa di San Basilio, patrono del paese di Barunèi. In lontananza risonavano confusi rumori; qualche scoppio di razzo, un rullo di tamburo, grida di fanciulli; ma nella straducola in pendio, selciata di grossi ciottoli, ancora illuminata dal crepuscolo roseo, s'udiva solo la voce nasale di don Simone Decherchi. -Intanto il fanciullo è scomparso - diceva il vecchio nobile, che stava seduto davanti alla porta della sua casa e discuteva con un altro vecchio, ziu Cosimu Damianu...

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